T.A.R. VENETO Sez. III, 10 Ottobre 2006, Sentenza n. 3369          Home Page - Studio Ing. Renato Salvalaggio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER IL VENETO

TERZA SEZIONE



Ric. n. 1660/95
Sent. n. 3369/06


costituito da:


Angelo De Zotti Presidente
De Piero Rita Consigliere
Riccardo Savoia Consigliere, relatore


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 1660/95 proposto da Taverna degli Scaligeri s.a.s. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Franco Dalla Mura e Giovanni B. Maggiolo, con elezione di domicilio presso il secondo, in Venezia, San Marco 2566, come da mandato a margine del ricorso;


CONTRO


il Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni R. Caineri, Fulvia Squadroni, e domiciliato presso la Segreteria del TAR, come da mandato in calce al ricorso notificato;


PER


l’annullamento dell’ordinanza n. 184 dell’8 maggio 1995 con cui il sindaco ordina alla ricorrente la chiusura anticipata dell’esercizio alle ore 0,30 per giorni 30;


Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Verona;
Viste le memorie prodotte dalle parti costituite;
Vista l'ordinanza di questo TAR n. 828 del 1995 che ha accolto l'istanza cautelare proposta da parte ricorrente.
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 30 marzo 2006 - relatore il consigliere Riccardo Savoia - i procuratori delle parti costituite come da verbale d’udienza;


Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


1. La ditta ricorrente fa presente di essere titolare di una regolare autorizzazione; sennonché, sia i locali sia la zona sono divenuti centro di ritrovo per giovani, i quali non sempre si comportano civilmente a tutte le ore. Dopo una serie di sopralluoghi e di lamentele il comune ordinava la chiusura anticipata dell’esercizio - ordinariamente fissata alle ore 2,00- alle ore 0,30 per un periodo di 30 giorni.
Il provvedimento appare lesivo e comunque illegittimo per i seguenti motivi:


1. violazione dell'articolo 7, 7° comma del PCR 28 maggio 1993 n.743 “ criteri regionali ai sensi dell’art. 54 del DPR 616/77 per la fissazione da parte dei comuni degli orari di apertura e chiusura dei pubblici esercizi” e falsa applicazione dell’art.5 della LR Veneto n.40/94: posto che l’atto impugnato risulta emanato ai sensi di tale ultima disposizione, rileva la ricorrente che l’art. 18 di tale legge dispone con norma transitoria l’applicazione del citato PCR fino all’emanazione dell’ordinanza sindacale che disciplina gli orari dei pubblici esercizi; dunque in difetto di detta adozione si sarebbe dovuta applicare la previsione del comma 7 dell’art. 7 del PCR, laddove si consente la modifica degli orari per obiettive esigenze di interesse pubblico previo interpello delle associazioni di categoria: la mancata audizione vizierebbe irrimediabilmente l’atto impugnato.
Con il secondo motivo si deduce lo sviamento, in quanto non si intende reprimere il rumore ma altri fenomeni, e il provvedimento, che avrebbe contenuto sostanzialmente sanzionatorio, non potrebbe prescindere dall’accertamento della colpevolezza del gestore dell’esercizio piuttosto che degli avventori dello stesso.
L’atto sarebbe poi contraddittorio con gli accertamenti effettuati, dato che i rumori disturbanti sarebbero stati rilevati sempre in orario antecedente le 0,30, tranne un episodio posteriore, sicchè semmai sarebbe giustificato un posticipo della chiusura, non un anticipo, poiché i rumori si attenuano col passare delle ore.
Vi sarebbe poi incompetenza dell’organo che ha adottato il provvedimento, essendo questo di pertinenza esclusiva del Sindaco e non delegabile.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione, che puntualmente controdeduce nel merito del ricorso, concludendo per la sua reiezione, siccome infondato.

Con successiva articolata memoria le parti hanno ulteriormente ribadito le proprie argomentazioni.


2. La questione all'esame del collegio riguarda la legittimità del ricorso alle ordinanze limitative dell’orario dei pubblici esercizi.
Ora, a mente dell’art.5 della legge regionale citata il Sindaco può per ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza o comunque di interesse pubblico adottare limitazioni orarie o in via permanente o per situazioni contingenti.
Come esattamente rilevava l’ordinanza cautelare, nella specie, evidentemente, la valutazione effettuata, alla luce dei riscontri istruttori, era di una situazione contingente, risolvibile cioè intanto con l’atto impugnato, salva l’adozione di altri atti, una volta verificatane l’efficacia nei 30 giorni di vigenza.
Sul punto la detta ordinanza conclude affermando come il protrarsi della situazione contingente ne escluda la natura urgente, il che invero non è condivisibile, posto che al contrario ben può essere la sommatoria delle occasioni di intervento a legittimare, quale misura “tampone”, l’adozione di atti che in precedenza per episodi isolati si era evitato di emanare; se è vero poi che gli accertamenti risalivano al 1994, già nel 1993 il Questore aveva rappresentato l’opportunità di anticipare la chiusura del locale.
Va poi osservato che gli schiamazzi notturni possono senz'altro costituire un elemento fondante per le ordinanze contingibili e urgenti, qualora il disagio della popolazione, e quindi l’interesse pubblico, al riposo delle persone vengano violati da rumori generati da un locale aperto al pubblico.
Conseguentemente prive di pregio si rivelano le censure di contraddittorietà dell’atto impugnato, perché col passare delle ore muta anche la tipologia di avventore, tale per cui il protrarsi dell’apertura costituisce quell’occasione di accentuato disturbo alla quiete pubblica che l’atto impugnato vuol cercare di limitare; e ciò che rileva non è la responsabilità soggettiva del gestore dell’esercizio, ma l’oggettiva e causale ascrivibilità della situazione di pregiudizio all’espletamento dell’attività (cfr. Cds, sez.V, n.4457/02).
Infondato è poi il primo motivo di ricorso, atteso che la previsione dell’art. 5 della legge regionale citata si applica a prescindere dall’adozione della ordinanza di disciplina degli orari dei pubblici esercizi ex art.18, posto che quest’ultima ha contenuto generale riguardando la totalità degli esercizi, laddove la facoltà connessa all’art.5 risponde al diverso fine di tutela speciale dell’interesse pubblico.
Infine anche la doglianza postulante l’incompetenza è infondata, recando l’atto impugnato la chiara indicazione della delega (cfr. da ultimo CDS, sez.V, 6406/05).
“Quello che conta è l'interesse pubblico a che il rumore venga limitato, indifferentemente da quante sono le persone lese in concreto dal comportamento dei soggetti interessati.”, ha affermato la sezione nella sentenza n.42/04 resa tra le medesime parti in causa , avente a oggetto ordinanza limitativa l’orario di chiusura alle ore 23, e annullata per la natura permanente e sproporzionata: ” Quanto al fatto che l'ordinanza risulta non limitata nel tempo, anche tale censura risulta fondata, in quanto per loro natura le ordinanze contingibili e urgenti devono avere un'efficacia limitata, anche perché l'ordinamento risulta dotato di altri strumenti idonei.”


Per le considerazioni su esposte il ricorso va respinto.


Vi sono tuttavia valide ragioni per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo respinge.

Spese compensate.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 30 marzo 2006.


Il Presidente l’Estensore

Il Segretario

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Commento

Gli schiamazzi notturni possono senz'altro costituire un elemento fondante per le ordinanze contingibili e urgenti con le quali venga ordinata la chiusura anticipata di un locale aperto al pubblico, qualora il disagio della popolazione, e quindi l’interesse pubblico, al riposo delle persone vengano violati da rumori generati dagli avventori. Ciò che rileva a tal fine non è la responsabilità soggettiva del gestore dell’esercizio, ma l’oggettiva e causale ascrivibilità della situazione di pregiudizio all’espletamento dell’attività (cfr. Cds, sez.V, n.4457/02). Pres. De Zotti, Est. Savoia - T. s.a.s. (avv.ti Dalla Mura e Maggiolo) c. Comune di Verona (avv.ti Caineri e Squadroni)