REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER IL VENETO
TERZA SEZIONE
Ric. n. 1660/95
Sent. n. 3369/06
costituito da:
Angelo De Zotti Presidente
De Piero Rita Consigliere
Riccardo Savoia Consigliere, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1660/95 proposto da Taverna degli Scaligeri s.a.s. in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dagli avvocati Franco Dalla Mura e Giovanni B. Maggiolo, con
elezione di domicilio presso il secondo, in Venezia, San Marco 2566,
come da mandato a margine del ricorso;
CONTRO
il Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni R. Caineri, Fulvia
Squadroni, e domiciliato presso la Segreteria del TAR, come da
mandato in calce al ricorso notificato;
PER
l’annullamento dell’ordinanza n. 184 dell’8 maggio 1995 con
cui il sindaco ordina alla ricorrente la chiusura anticipata
dell’esercizio alle ore 0,30 per giorni 30;
Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la
Segreteria con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Verona;
Viste le memorie prodotte dalle parti costituite;
Vista l'ordinanza di questo TAR n. 828 del 1995 che ha accolto
l'istanza cautelare proposta da parte ricorrente.
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 30 marzo 2006 - relatore il
consigliere Riccardo Savoia - i procuratori delle parti costituite
come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La ditta ricorrente fa presente di essere titolare di una
regolare autorizzazione; sennonché, sia i locali sia la zona sono
divenuti centro di ritrovo per giovani, i quali non sempre si
comportano civilmente a tutte le ore. Dopo una serie di sopralluoghi
e di lamentele il comune ordinava la chiusura anticipata
dell’esercizio - ordinariamente fissata alle ore 2,00- alle ore
0,30 per un periodo di 30 giorni.
Il provvedimento appare lesivo e comunque illegittimo per i seguenti
motivi:
1. violazione dell'articolo 7, 7° comma del PCR 28 maggio 1993 n.743
“ criteri regionali ai sensi dell’art. 54 del DPR 616/77 per la
fissazione da parte dei comuni degli orari di apertura e chiusura
dei pubblici esercizi” e falsa applicazione dell’art.5 della LR
Veneto n.40/94: posto che l’atto impugnato risulta emanato ai
sensi di tale ultima disposizione, rileva la ricorrente che l’art.
18 di tale legge dispone con norma transitoria l’applicazione del
citato PCR fino all’emanazione dell’ordinanza sindacale che
disciplina gli orari dei pubblici esercizi; dunque in difetto di
detta adozione si sarebbe dovuta applicare la previsione del comma 7
dell’art. 7 del PCR, laddove si consente la modifica degli orari
per obiettive esigenze di interesse pubblico previo interpello delle
associazioni di categoria: la mancata audizione vizierebbe
irrimediabilmente l’atto impugnato.
Con il secondo motivo si deduce lo sviamento, in quanto non si
intende reprimere il rumore ma altri fenomeni, e il provvedimento,
che avrebbe contenuto sostanzialmente sanzionatorio, non potrebbe
prescindere dall’accertamento della colpevolezza del gestore
dell’esercizio piuttosto che degli avventori dello stesso.
L’atto sarebbe poi contraddittorio con gli accertamenti
effettuati, dato che i rumori disturbanti sarebbero stati rilevati
sempre in orario antecedente le 0,30, tranne un episodio posteriore,
sicchè semmai sarebbe giustificato un posticipo della chiusura, non
un anticipo, poiché i rumori si attenuano col passare delle ore.
Vi sarebbe poi incompetenza dell’organo che ha adottato il
provvedimento, essendo questo di pertinenza esclusiva del Sindaco e
non delegabile.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione, che puntualmente
controdeduce nel merito del ricorso, concludendo per la sua
reiezione, siccome infondato.
Con
successiva articolata memoria le parti hanno ulteriormente ribadito
le proprie argomentazioni.
2. La questione all'esame del collegio riguarda la legittimità del
ricorso alle ordinanze limitative dell’orario dei pubblici
esercizi.
Ora, a mente dell’art.5 della legge regionale citata il Sindaco può
per ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza o comunque di
interesse pubblico adottare limitazioni orarie o in via permanente o
per situazioni contingenti.
Come esattamente rilevava l’ordinanza cautelare, nella specie,
evidentemente, la valutazione effettuata, alla luce dei riscontri
istruttori, era di una situazione contingente, risolvibile cioè
intanto con l’atto impugnato, salva l’adozione di altri atti,
una volta verificatane l’efficacia nei 30 giorni di vigenza.
Sul punto la detta ordinanza conclude affermando come il protrarsi
della situazione contingente ne escluda la natura urgente, il che
invero non è condivisibile, posto che al contrario ben può essere
la sommatoria delle occasioni di intervento a legittimare, quale
misura “tampone”, l’adozione di atti che in precedenza per
episodi isolati si era evitato di emanare; se è vero poi che gli
accertamenti risalivano al 1994, già nel 1993 il Questore aveva
rappresentato l’opportunità di anticipare la chiusura del locale.
Va poi osservato che gli schiamazzi notturni possono senz'altro
costituire un elemento fondante per le ordinanze contingibili e
urgenti, qualora il disagio della popolazione, e quindi
l’interesse pubblico, al riposo delle persone vengano violati da
rumori generati da un locale aperto al pubblico.
Conseguentemente prive di pregio si rivelano le censure di
contraddittorietà dell’atto impugnato, perché col passare delle
ore muta anche la tipologia di avventore, tale per cui il protrarsi
dell’apertura costituisce quell’occasione di accentuato disturbo
alla quiete pubblica che l’atto impugnato vuol cercare di
limitare; e ciò che rileva non è la responsabilità soggettiva del
gestore dell’esercizio, ma l’oggettiva e causale ascrivibilità
della situazione di pregiudizio all’espletamento dell’attività
(cfr. Cds, sez.V, n.4457/02).
Infondato è poi il primo motivo di ricorso, atteso che la
previsione dell’art. 5 della legge regionale citata si applica a
prescindere dall’adozione della ordinanza di disciplina degli
orari dei pubblici esercizi ex art.18, posto che quest’ultima ha
contenuto generale riguardando la totalità degli esercizi, laddove
la facoltà connessa all’art.5 risponde al diverso fine di tutela
speciale dell’interesse pubblico.
Infine anche la doglianza postulante l’incompetenza è infondata,
recando l’atto impugnato la chiara indicazione della delega (cfr.
da ultimo CDS, sez.V, 6406/05).
“Quello che conta è l'interesse pubblico a che il rumore venga
limitato, indifferentemente da quante sono le persone lese in
concreto dal comportamento dei soggetti interessati.”, ha
affermato la sezione nella sentenza n.42/04 resa tra le medesime
parti in causa , avente a oggetto ordinanza limitativa l’orario di
chiusura alle ore 23, e annullata per la natura permanente e
sproporzionata: ” Quanto al fatto che l'ordinanza risulta non
limitata nel tempo, anche tale censura risulta fondata, in quanto
per loro natura le ordinanze contingibili e urgenti devono avere
un'efficacia limitata, anche perché l'ordinamento risulta dotato di
altri strumenti idonei.”
Per le considerazioni su esposte il ricorso va respinto.
Vi sono tuttavia valide ragioni per compensare le spese di giudizio
tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione,
respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente
pronunciando sul ricorso in premessa, lo respinge.
Spese
compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 30 marzo 2006.
Il Presidente l’Estensore
Il Segretario
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